Vanne:
Ebelino è in tua mano; anco sua vita,
Anco la fama sua, perchè maggioreTorni suo vanto e tua immortal vergogna.
L'avversario precipite avventossiDal grembo della nube, onde i mortali
Atterrìa lampeggiando, ed in un puntoFu su roccia dell'alpi. Ivi gigante
Si soffermò, e da questo lato i campiDella lieta penisola mirando,
E dall'altro le selve popoloseDe' boreali, l'una e l'altra palma
Battè plaudendo al sovrastante luttoD'entrambo i regni, ed esclamò: - Vittoria!
Di là scagliossi alla città del tronoE de' cento felici incliti alberghi,
E delle orrende mura ove trascinaSua catena Ebelin. Desta il demonio
Ne' giudici, che Ottone a indagin chiamaDell'alta causa, aneliti vigliacchi.
Temon, se reo non trovan l'accusato,
L'ira d'Otton, l'ira d'Augusta, l'iraDi quel Guelardo che per essi or regna;
E dove il trovin reo, speran più pinguiGli onorati salarii, e maggior lustro.
Chi primiero è fra' giudici? Oh impudenzaGuelardo stesso!
Oh come il core all'empioNondimen trema, udendo che s'appressa
L'irreprensibil catenato! E questiEntra con umil, sì, ma non prostrato
Animo, e reca sulla smorta fronteQuell'alterezza ch'a innocenza spetta.
Cela Guelardo il suo tremore, e prendeCosì ad interrogar:
- Qual è il tuo nome,
O sciagurato reo?
- Sono Ebelino
Da Villanova, amico tuo.
- RigettoL'amistà d'un fello: giudice seggo.
Che macchinasti co' Lombardi?
In visoL'accusato guardollo, e non rispose.
E Guelardo: - A lor trame eri secretoEccitator; t'offrìan lo scettro, e pronta
Stava tua destra ad accettarlo in giorno
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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi 1840
pagine 149 |
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