- Sire,
La mia innocenza esser dovriati scrittaNe' lunghi intemerati anni ch'io vissi
Di tua casa al servizio e dell'onore.
In inganno te volto han miei nemici,
E me calunnia opprime.
- A tue paroleAggiungi prova, e riputato il sommo
De' tuoi servigi questo fia da Ottone.
- Se a te prova non son gli atti che opraiAlla luce del sol, l'abborrimento
Sperimentato mio contra ogni fraude,
Contr'ogni ingiusta ambizïon; se nullaA te non dicon queste mie sembianze
Imperturbate in così ria sventura,
Preclusa è a me di scampo ogni fiducia;
Anzi alle leggi mia supposta colpa
È attestata abbastanza. Altro non possoSe non gli estremi del mio zelo sforzi
In quest'istante consecrarti, o sire,
Tai verità parlandoti, che forsePiù non udresti, se da me non le odi.
- T'ascolto, disse il rege.
Ed Ebelino
La propria causa obblïar parve, e diessiA svolgere di stato alti consigli,
I bisogni quai fossero additandoDelle schiere, del popol, dell'altare,
De' tribunali, e della reggia stessa:
Quali i provvedimenti unici, rottiEd efficaci ad impedir l'ebbrezza
Delle rivolte, a raffermar lo impero:
Quali de' prischi imperadori, e qualiDel magno Otton le più laudabili opre,
E quai le insane; e come arduo ognor siaSeguir le prime e non errare; e come
Gli egregi prenci a errar tragge talvoltaAdulante caterva. Accennò alcuni
Del sir lusingatori, accennò il vileCangiarsi di Guelardo: e brevi furo
Su lor suoi detti, e non degnò que' nomiD'anime basse proferir neppure.
Ma que' rapidi detti eran gagliardi,
Siccome piglio di paterno braccio,
Che sovra l'orlo d'un dirupo afferra
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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi 1840
pagine 149 |
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Ottone Ebelino Otton Guelardo
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