E sdegnoso intelletto! E se si ponnoDa intelletto simil serbar talvolta
Contro all'empia fortuna altero scherno,
O pensieri di pace e di perdono,
E di fede nel cielo, ahi! pur quell'oraAmarissima vien che ineluttata
Mestizia il cor miseramente serra,
E non v'č chi consoli! Ed altre pariA quell'ora succedono, e d'angoscia
In angoscia si cade! Ed un'ardenteSmania investe il cervello, ed impazzato
Esser si teme o brama! E il generosoPetto chiuder non puossi all'irrüente
Piena dell'odio che in lui versan milleDella viltā degli uomini memorie!
E feroce si resta, e di sč stessoS'inorridisce e sclamasi: - "Son io,
Benchč non conscio di mie colpe, un empio?"
E chiedesi all'Eterno, e lungamenteChiedesi invan, d'amore una scintilla!
Quelle angosce conobbe anco Ebelino,
Ed allora invisibile al suo fiancoSātan sedeva, e gli pingea coll'arte,
Ch'č propria a lui, tutto che meglio ad iraE a disperazīon trarlo potesse.
Ed Ebelin pur resistea, e pensava,
In mezzo alle sue smanie, all'Uomo-Iddio,
Che sublimō i dolori, e fu ludibrioD'ingrati e di crudeli: e quel pensiero,
Che insensatezza all'occhio č de' felici,
Insensatezza non pareagli, ed altaStoria pareagli che gli oppressi in tutti
Lor martirii nobilita; e volgendoQuella storia ammiranda, a poco a poco
Ammansava gli sdegni e perdonava.
Ma la parte del cor, che pių dolenteSanguinava, era quella ove scolpite
Stavan due care fronti. Una č la fronteDella madre decrepita che in pace,
All'ombra degli altar, da parecchi anniViveasi in Quedlimburgo, e l'altra č quella
Della madre d'Augusto.
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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi 1840
pagine 149 |
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Eterno Ebelino Ebelin Uomo-Iddio Quedlimburgo Augusto
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