Sperava iniqui col possente acciaroDüellando atterrar. Chi d'Ebelino
Avea la forza e la destrezza? E quantaForza o destrezza in düellar non dona
Senso d'intemerata anima offesa!
Ma tai giudizi Iddio forse abborrendo,
Non volle che sancito il reo costumePer Ebelin venisse; o del demonio
Opra fu l'impedirlo. Il pestilenteAere del carcer nell'oppresso infonde
Maligni influssi, ed eccolo abbattutoDa insanabili febbri. Il derelitto
Pur talvolta illudeasi, immaginandoChe alcun de' tanti, su cui sparsi avea
Suoi benefizi, or con repente mossaD'onore e gratitudin s'offerisse
A combatter per esso: - attese indarno.
Spunta il dì della morte, ed Ebelino
Vien tratto innanzi a' giudici; e Guelardo
La sentenza gli legge! Il condannatoUdì, chinò la fronte, e rese grazie
Tacitamente a Dio che al sacrificioTermine alfin ponesse; e bramò ancora
Una volta veder la genitrice.
Venne l'antica, e insiem si consolaroCon nobil forza alterna, e con alterne
Religïose cure. Ella ed un pioMinistro del Signor soli eran consci
Dell'innocenza d'Ebelin. VeloceScorre quel sacro tempo, e omai gl'istanti
Sovrastan del patibolo. UmilmenteProstrasi ancora innanzi al sacerdote
Il giusto cavalier; quindi si prostraAnzi alla madre, ed ella il benedice,
E si dividon sorridendo, e in cieloRiabbracciarsi in breve speran.
MovePer le vie tra i carnefici, agguagliato
Al più vil masnadiero, e contro a luiInsane urla di scherno alzan le turbe.
Di quegl'inverecondi ultimi segniDell'odio altrui stupìa, ma per le turbe
Egli pregava. Ed arrivato al palco,
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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi 1840
pagine 149 |
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