Spariti quegli abbozzi con altre carte da me in dolorosa vicenda perdute, ho tentato dodici anni dappoi di ricomporre la stessa produzione, quantunque non ignaro che difficilmente in età provetta si ritrovano le felici ispirazioni della gioventù.
ILDEGARDE.
Pars bona mulier bona.
(ECCLE. c. 26, 3.)
- Perché alle torri del superbo Irnando
Sempre drizzi lo sguardo, o mio Camillo?
- Sposa, io molto l'amava; e in questi giorniDi nevose bufère, ognor la dolce
Nostra infanzia mi torna alla memoria,
Quando, arridenti il padre suo ed il mio,
O di soppiatto noi dalle castellaUsciti, incontravamci appo la riva
Congelata del Pellice, e lung'oraQua e là sdrucciolon ci vibravamo
Ridendo e punzecchiandoci e luttando,
E sul ghiaccio cadendo, e (bozzolutaIndi spesso la fronte o insanguinata)
Tornando a casa lieti e tracotanti.
Allora il padre suo, se all'un di noiVedea della caduta in fronte il segno,
Chiedevagli: "Hai tu pianto?" Ed il feritoGridava: "No. o Ed a tal risposta il vecchio
Lo prendea fra le braccia e lo baciava,
L'amor lodando de' perigli e il gaioScherno d'un mal, che sol le carni impiaga,
E nulla può sull'anima del forte.
Un dì, com'or, fioccava a larghe faldeDi dicembre la neve, ed ambo agli occhi
De' parenti sottrattici e de' serviDiscendemmo ciascun nostra pendice,
E ai cari ghiacci convenimmo. AssaiSdrucciolammo e ruzzammo, e le condense
Pallottole durissime a diversaMeta lontana, in alto o pe' dirupi,
Scagliammo a gara, acute urla di gioiaRipercosse da acuti echi levando.
Men da stanchezza mossi che da fame
| |
Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi 1840
pagine 149 |
|
|
Irnando Camillo Pellice
|