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      Ci abbracciamo, e ciascun monta i suoi greppiAnelante alla cena. A quando a quando
      Ci volgevam guardandoci, ed alloraChe, già molto remoti, un veder l'altro
      Più non potea, salutavamci ancoraCon prolungati affettüosi strilli;
      E questi udìansi dalle due castella,
      E mia madre s'alzava, e tremebondaAl balcon della torre s'affacciava,
      Incerta se di gioco o di doloreVoci eran quelle. Ah! in voci di dolore
      Odo mutarsi quella sera infattiLe grida dell'amico: "Al lupo! al lupo!"
      Ripeteva egli disperato. Io sudoDi spavento, ciò udito, e immaginando
      Di quel caro il periglio. I clivi scendoNovamente precipite: il ghiacciato
      Pellice varco, e per gli opposti greppiAffannato m'arrampico ed appello:
      Irnando mio! Irnando mio!
      SalitoEgli era sovra un olmo. Eccol veloce
      Scendere a me. Ma il lupo allontanatoRitorce il passo, e verso noi s'avventa.
      Ambo ascendiam sull'arbore, e costrettï
      Lunghissim'ora ivi restiam; chè intornoIncessante giravasi la fiera.
      Oh come su quell'olmo il dolce amicoTeneramente mi stringea al suo seno,
      Il mio ardir rampognandomi! Ei diceaAver alto gridato "Al lupo! al lupo!"
      Per la speranza ch'io vieppiù fuggissi,
      E tristo incontro pari al suo scansassi.
      E tu invece, oh insensato! ei ripeteaVanamente arrischiasti i cari giorni
      Per aïtar l'amico, o coll'amicoPreda morir di quelle orrende zanne!"
      Ciò dicendo ei piangeva, ed io piangevaSuoi cari lacrimosi occhi baciando,
      E tal commozïone era profonda,
      Delizïosa per entrambe! oh comeSentivamo d'amarci! oh quanto vere
      Sonavan le proteste, asseverandoChe l'un per l'altro volontier la vita


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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi
1840 pagine 149