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      Ei (tu vedi s'io fremo a questo detto!)
      Ei mi dispregia! -
      L'arrossita dianziIldegarde a tai detti impallidiva,
      Mostrüoso sembrandole il destarsiDispregio in chi che sia verso un mortale
      Sì per cavallereschi atti famoso,
      Qual era il pio Camillo. E l'abbracciavaVibrando sguardi or con gentil disdegno
      Alla torre d'Irnando, or con desìoPassïonato al caro sposo. E sguardi
      Tai gli dicean: "S'altri spregiarti ardisce,
      La stima ten compensi in ch'io ti tengo."
      Qual della inimistà la cagion fosseDe' duo generosissimi, in diversi
      Inni diversamente i trovadoriCantan d'Italia. Applaudon gli uni a Irnando,
      Che, ito in Lamagna giovinetto, ad unoDe' contendenti re sacrò il suo ferro;
      Altri a Camillo applaudon, che s'accesePel secondo aspirante al real trono,
      Ma aspirante illegittimo. SperaroCamillo e Irnando un l'altro süadersi
      All'abbracciata parte. E l'un de' duo,
      Non si sa qual, trascorse a villanìa.
      Furor di fazïon trasse dapprimaQuesto e quello davvero a stimar vile
      Il già sì caro amico. Assai paleseDelle avversarie crude ire sembrava
      L'iniquità ad Irnando: ei non poteaCreder che onesto intento in alcun fosse,
      Il qual per esse parteggiasse. Al pariA Camillo parea dell'altra causa
      Evidente l'infamia essere al mondo.
      In qualunque dei duo fallisse primoLa carità di confratello, e germe
      Altro o no di rancor vi si aggiungesse,
      Furon veduti inferocir nel campoCome leoni. Ma l'atroce guerra
      E l'alterna fortuna delle insegneLoco porgean a esercitar da entrambe
      Parti eccelse virtù. Cento fïateCamillo e Irnando, ad ammirarsi astretti,


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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi
1840 pagine 149

   





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