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      Della diletta sposa il dolce incontro.
      Ei cammina a gran passi; o nella sediaBreve momento s'agita, e risorge
      Tosto con ansia ad amor mista e ad ira,
      Or all'una effacciandosi, or all'altraDelle fenestre, or fuor della ferrata
      Negra sua porta uscendo, e non badandoAl can che gli si appressa, e rispettoso
      Scuote la coda, e abbassa il ceffo, e speraDalla man signorile esser palpato.
      Dai merli del terrazzo alfin gli sembraLo scudier ravvisare. Č desso, č desso.
      Al cavalier rimescolasi il sangue,
      E contener non puossi. Il ponte varca,
      Discende in fretta la pendice; incontroAl vegnente lo stimola sfrenata
      Smania d'udir.
      - Perchč sė tardo movi?
      Gridagli. -
      I passi addoppia il fido, e parla:
      - Signor del tuo nemico entro la sogliaAppena addotto io fui...
      Camillo udendoSuo nemico nomarlo, impallidisce:
      E l'altro segue:
      - Appena addotto io fui,
      I sensi tuoi gli esposi.
      - In quali accenti?
      - Quali a me li dettasti. Oh cavaliero!
      Dissigli, il signor mio, dopo ondeggianteCon sč stesso luttar, cede al bisogno
      Di ricordarti sua amistā, di sciorre,
      Per quanto č in lui, quel gel, che rie vicendeFrapposto aveano fra il suo core e il tuo.
      Io proseguir volea. Rise il superboAmaramente, ed esclamō: Non gelo,
      Ma orrendo sangue č fra i due cor frapposto! -
      Proseguii nondimen, tuoi decorosiSensi esponendo. A' primi istanti vinto
      Da prepotente anelito parea,
      Sebbene al riso s'atteggiasse ognora,
      Ed ostentasse di vibrarmi i guardiDella minaccia e del dispregio. Ei detti
      Di maggiore umiltā dal labbro mioCerto aspettava. Non trascesi: umėle,


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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi
1840 pagine 149