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      Ha l'opre inique ond'or l'impero è afflitto!
      Viltà sembrato mi sarìa modestiAccenti opporre ad arroganza tanta.
      Tel confesso, signor: ciò che gli dissiAppena il so. Non l'insultai, ma cose
      Di foco, certo, mi piovean dal labbroContro a' denigratori; e di te laude
      Tal gli tessei, che fu colpito e plause.
      Va, buon servo, mi disse; amo il tuo ardire,
      ma non del tuo signor la ipocrisia.
      - Oh ciel! diss'egli ipocrisia? IngannatoNon t'han le orecchie tue?
      - Disselo, il giuro. -
      A queste voci il cavalier si torseRabbïoso le mani, e con un misto
      Di voluttà e di fremito, in più pezziFranse un anel, che dono era d'Irnando,
      Ed a' caduti pezzi impallidendoIl piede impose, e li calcò nel fango.
      - È finito! proruppe. - Ed iracondoLagrimava, nè udia del messaggero
      Parola più, nè rispondeagli.
      A guerraPrecipitato contra Irnando ei fora;
      Ma nol permise il ciel. D'una sorellaAlla difesa mover dee Camillo,
      La qual di Monferrato all'erme balzeCo' pargoletti suoi vedova geme,
      Da illustri masnadieri assedïata.
      Solinga intanto ecco Ildegarde. E votiPer la salute dello sposo alzando,
      E per la sua vittoria, e pel ritorno,
      Pur trema che allorquando ei dalle pugneRieda di Monferrato, incontro al sire
      Del vicino castel rompa la guerra.
      Un dì mirando quel castel, le cadeNell'animo un pensiero; - E s'io medesma
      Colà traessi, e mia nobil fidanzaVincesse il cor della romana altera
      E del truce baron? -
      V'ha certi mitiSenni, e tal era d'Ildegarde il senno,
      Che pur sono arditissimi, e formatoGentil proposto, se pur arduo ei paia,
      Tentennan poco, ed oprano.


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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi
1840 pagine 149

   





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