Perduto er'io, se redentrice possaD'amistà non venìa. L'assedïante
Ladron dapprima sbaragliai, ma il tristoNovella frotta ragunò. Me chiuso
Nel castel della suora, egli ogni giornoSchernìa e sfidava. Io sul fellone indarno
Prorompeva ogni giorno: ahimè! gli sforziDel valor mio nulla potean su tanto
Nover crescente di nemici. A noiGià le biade fallìan, già fallìan l'armi,
E già il cessar d'ogni speranza e il cruccioRabido della fame a' guerrier nostri
Consigliavan rivolta ed abbandono.
Universal divenne voce alfine:
Arrendiamci!! arrendiamci!
Il masnadieroPromettea vita a ognun fuorchè a mia suora
E a' suoi figliuoli e a me. Tra minacciosoE supplicante, io i perfidi arringava,
Che della rocca aprir volean le porte:
- "Sino a dimane il tradimento, o iniqui,
Sino a dimane sospendete!" Un restoDi pietà e di rispetto, al grido mio,
Rïentrò in cor de' più. "Sino a dimane!
Sclamarono, e se Dio pria dell'auroraPortenti oprato non avrà a tuo scampo,
Lo scampo nostro procacciar n'è forza."
Oh spaventosa notte! Oh fugaci ore!
Oh come orrenda cosa eraci il suonoDel bronzo che segnavale! Oh angosciato
Appressarsi dell'alba! Oh sbigottitiMuti sembianti della mia sorella
E de' suoi pargoletti! Oh contrastanteDignità di parole in prepararci
A' vicini supplizi! Ed oh com'ioTra me dicea: "Deh! che non seppi amico
Tutta la vita conservarmi Irnando? -
Improvviso frastuono udiam levarsiFuor delle mura. Che sarà? Oh prodigio!
Una pugna! E con chi? - "La man di Dio!
La man di Dio!" gridan mie turbe: a terraMi si prostran pentite, il giuramento
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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi 1840
pagine 149 |
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Dio Irnando Dio Dio
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