Vorrei anzi che allora cercaste di raddolcirvi, poetando sopra qualche nobile esempio di carità e d'indulgenza."
AROLDO E CLARA.
Sed si esurierit inimicus tuus, ciba illum;
si sitit, potum da illi.
(EP. AD ROM. 12.)
I.
Piangi, o la più gentil fra le convalliDello spumante Pellice, ove un giorno
Alle sale d'Aroldo i Saluzzesi
Cavalieri affluìano ad alte feste.
Più non vedrai delle sue torri a seraUscir giulivo il cieco vecchio Aroldo,
Caramente appoggiando un braccio e l'altroSovra Ioffrido e Clara, ed il canuto
Ciglio volgendo con amor, ma indarno,
Ai dolci rai del tramontante sole.
Que' figli suoi nascean gemelli, e santaTenerezza li univa. Or sola e mesta
Clara accompagna il cieco padre a seraFuor della torre, perocchè il gagliardo
Fratel devote ha l'armi alla difesaDel pio Tommaso suo ramingo prence
Contro i nemici della patria terra.
Rosseggiava bellissimo un tramontoSulle nevi lontane, e stupefatto
Pareva il sol che dal romito albergoA salutarlo non venisse il vecchio.
Ahimè, quell'era di sventura un novoSpaventevole dì! Schiudesi alfine
La porta del castello, e con velociPassi agitatamente escono Aroldo,
Clara e più servi; nè il canuto ciglioAi soavi del sole ultimi rai
Volger si cura. Che avvenia? - Dal campoInfausto messo è giunto. Il pro' Ioffrido
Contro l'usurpator del saluzzeseSeggio osando tropp'oltre avventurarsi
Nel calor della pugna, il circondaroL'empie straniere spade, e prigion cadde.
Speme di riscattar sì cara vitaNutre il barone antico; e vuole ei stesso
Trar supplichevol senza indugio al truce
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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi 1840
pagine 149 |
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Pellice Aroldo Saluzzesi Aroldo Ioffrido Clara Tommaso Aroldo Ioffrido
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