- Ahi, dilungatiVieppiù ci siam dal tetto nostro, o padre!
Or dove andrem?
- Pedon la via si seguaSino al mattin: buio non è, dicesti.
Fa cor; preghiamo camminando, e al guardoD'altri ladron te, mia dovizia or sola,
Te il ciel pietoso asconderà.
Sì disse,
E di padre l'affetto e di sorellaLena lor porge insino all'alba. Il campo
Mostrossi allora al pauroso orecchioDella fanciulla pria che agli occhi.
- O padre,
Odi tu, disse, odi tu roco un suonoSimile al suon della bufèra o a quello
Di molte acque correnti?
Il vecchio capoEi soffermò, ed immemore un istante
Delle sue angosce, alzò la barba e rise.
-Oh di qual gioia quel fragor m'empieaNegli anni miei di gloria! È il campo, o figlia!
Noto è ad orecchio di guerrier quel suono,
Come voce di sposa al suo diletto.
Un dì così fremente io il bellicosoAere appena sentia, sovra il mio scudo
Battea forte l'acciaro, e dai precordiiMetteva un grido che atterrìa da lunge
Del nemico le scolte. E i miei congiuntiDicean: "Voce è d'Aroldo, oggi si pugni,
Chè dove è Aroldo, è la vittoria." Or fiacca
È questa voce, e più la destra, e al breveGiubilo del guerrier tosto succede
In me a quel suono il trepidar del padre.
Proseguiro alcun tempo, e quindi Clara,
Che sino allor söavemente a' dettiDel genitore avea frammisti i suoi,
Incominciò a interrompersi, e risposteDar che, non conscio l'intelletto, un moto
Parean sol delle labbra. A poco spazioVedea della distante oste per l'aure
Quasi di nave altissimi duo piniElevarsi e ondeggiar, poscia fermarsi
Come al suolo confitti. E secondata
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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi 1840
pagine 149 |
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Aroldo Aroldo Clara
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