Commiserando, svolga altra vicenda.
Era una sera: alle vetuste muraDel baron s'appresenta un fuggitivo,
A cui ferite e febbril sete esaustaMiseramente avean la voce. Aroldo
Piena di vino gli mandò una coppaCon questi detti: Al focolar t'accosta
Sin che apprestata sia la cena, e al sirePerdona del castel s'ei di sue stanze
Non uscirà, dove cordoglio il tiene.
Clara portò que' detti, e il fuggitivoChe al maestoso inceder cavaliero
Parea e mendìco a' finti panni, il voltoPria si coverse, indi con pronti passi
Balzar tentò fuor della soglia, a guisaDi mortal che, caduto in impensato
Orribile periglio, aneli scampo.
Ma nella mossa impetuosa a luiManca il fievole spirto, e piomba a terra.
Clara il soccorre, il mira, ed alla negraRicciuta barba e al crine ella il ravvisa.
Chi era? Chi!... Manfredo! il già possenteDesolator della sua patria! il ladro
Che alla corona del nepote osavaStender la man sacrilega, e sul capo
Inverecondo imporsela, e i dirittiCalpestar più sanciti, e di Saluzzo
Dirsi benefattor, serva a stranieriBrandi facendo la natìa contrada!
Fortuna alfin l'abbandonò: fuggiascoDa compiuta sconfitta è l'empio sire,
E per sottrarsi agl'inseguenti ferriEi s'è imboscato in varii lochi, e ignote
Calcò deserte rupi. Indi pel sangueNella pugna perduto e per la rabbia
Gli s'era da brev'ora intorbidatoSì fattamente il lume del pensiero,
Che mal sapea dov'ei movesse, e giuntoEra ai campi d'Aroldo altra credendo
Sponda toccar. Qui più dal dolce tempoD'adolescenza riportate mai
Non avea l'orme, ed alberi e tugurii
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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi 1840
pagine 149 |
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Saluzzo Aroldo
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