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      Oh con qual lutto miserando alloraLa spaventata si rivolge a Dio!
      Oh come al dubbio che il figliuol le moraTrema se in lei fu reo qualche desìo,
      E perdono dimanda, e s'infervora,
      Promettendo al Signor viver più pio!
      I soli Angioli ponno anzi all'Eterno
      Sì ardente prego alzar, qual è il materno.
     
      Giorno di liete voci, ora felice,
      Quando seman del pargolo i vagiti!
      Quand'ei cerca la dolce genitriceCon isguardi dal riso ingentiliti!
      Quand'ei di novo il caro latte elice,
      E scherzoso riprende i suoi garriti!
      Tai porge allor la madre inni d'amore,
      Quai mandar può de' Serafini il core!
     
     
     *

      * *
     
      Ov'alti rischi fervono,
      Vieppiù la madre arditaPel frutto di sue viscere
      Pronta è a donar la vita.
     
      Ella, se fera scoppïaDivoratrice vampa,
      Verso la cuna avventasi,
      E il pargoletto scampa.
     
      Se il picciol piede illuseroDi cupo rio le sponde,
      La madre piomba rapida,
      E il tragge, o muor nell'onde.
     
      Ella, se il figlio palpitaTra infetto aere tremendo,
      Tenta i suoi dì redimere,
      Le piaghe a lui lambendo.
     
      Se patria e tetto invadonoEmpie, omicide squadre,
      Stringe i suoi figli, e impavidaPugna per lor la madre.
     
     
     *

      * *
     
      Tal è la nobil donna ingigantitaDalla materna celestial possanza,
      Che a tutte generose opre la invita.
     
      Ma un sacrifizio v'è che ogni altro avanza,
      Ed è in lei quell'assidua ed operosaSulla cara progenie vigilanza.
     
      Alma di buona madre più non posaFinchè non ha ne' figli suoi destata
      Di virtù la favilla glorïosa.
     
      Nè puote alma di figlio esser pacataFra inique gioie, se ha una madre anco


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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi
1840 pagine 149

   





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