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      E di nuovi Aristarchi ira mi morse,
      E di nuovi propizi ebbe la fede,
      E nuova infanzia a me d'intorno sorse,
      E di morte vid'io novelle prede,
      E "Vana cosa è questo mondo!" esclamo,
      E separarmen voglio - ed ancor l'amo!
     
      L'amo perch'alme vi trovai fraterne,
      Che all'alma mia s'avvinser dolcemente,
      E diviser mie gioie, e nell'alternePene collacrimàr sinceramente:
      E v'ha tali amistà che fièno eterne,
      Benchè tessute in questa ombra fuggente,
      Benchè tessute ov'ogni nobil coreS'apre appena a virtù, lampeggia e muore.
     
      Degg'io, poss'io da tutte cose amateDivellere una volta il mio pensiero?
      Io, le cui sorti furono esaltateDa tanto lutto e tanto gaudio vero!
      Io, le cui rimembranze innamorateHan su mia fantasia cotanto impero!
      Io, cui balzar fa sin talora il pettoVista di leve, inanimato oggetto!
     
      Reduce a lidi miei, dopo che giacquiSepolto vivo per sì cupe notti,
      Agli affetti più teneri compiacquiChe la sventura non avea interrotti;
      Nè agli estinti carissimi pur tacquiCulto di preci e di sospir dirotti;
      Indi a rivisitar presi le antichePagine ch'ebbi a dolce veglia amiche.
     
      E sovente su libri polverosiLa man vo riponendo tremebonda,
      Ed apro, e parmi a' giorni studïosiTornar di giovinezza, e il pianto gronda!
      E trovo i segni che ne' libri io posi,
      Ove con mente mi fermai profonda,
      Ove ad alti pensier d'amato autoreCommento fei di verità o d'errore.
     
      Pur con sensi diversi or vi rimiro;
      O libri tanto amati a' dì primieri:
      Vate son io, ma spento è in me il desiroDi prostrarmi idolatra anzi agli Omeri.
      Se volgendo lor carte ancor sospiro,


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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi
1840 pagine 149

   





Aristarchi Omeri