Mezz'ora prima, la città brulicava di vita. Dacchè il Shofa era stato suonato dalle mura del Tempio, il cuore stesso della città aveva cessato di battere.
Il sabato pietrificava l'Ebreo.
Non più un rumore nelle strade, non più lumi alle finestre; il fumo sulle terrazze delle case, il fuoco nei focolari erano cessati. La creazione era ravvolta nel silenzio. Non era più permesso di uscire, di andare a cercar acqua, di cuocere il pane, di accendere il fuoco se si era intirizziti, di rimetter in piedi il ragazzo se cadeva per terra, di abbracciare la giovine moglie, o di accomodarla nel suo letto di dolori. Se la madre stava morendo, il figlio non poteva soccorrerla. Se il suo asino cadeva in un fosso, bisognava lasciarlo divorare dai leopardi e dagli sciacalli. Ciascuno doveva restare dove si trovava e nell'istessa posizione; nè bere nè mangiare. Se l'inimico attaccava, bisognava lasciarsi uccidere; e molte volte, fino a Giuda Maccabeo, i nostri antenati erano stati trucidati così. Era nei giorni di sabato che gli Ebrei avevano quasi sempre perdute le loro battaglie contro gli stranieri, i quali, attaccandoli quando non potevano difendersi, ne avevano facilmente ragione. Non si poteva in quel giorno nefasto abbandonare il campo, continuare un viaggio, mettersi al coperto da un sole omicida, dall'uragano o dalla folgore. Il suono del corno del Tempio cangiava l'uomo in istatua come la moglie di Loth. Eccetto che nel Tempio stesso, che solo continuava il suo traffico ordinario, che riceveva le offerte - doppie di quelle degli altri giorni, - che sacrificava le vittime, e bagnava col sangue le fiamme azzurrastre dei suoi altari: eccetto in questo Tempio - perchè non c'era mai riposo per questi sacri traffici - ovunque altrove, cessavano tutti i sintomi della vita.
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Memorie di Giuda
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano 1883
pagine 551 |
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