Appena se si rise un po' degli sbagli di quei Galli andabati, di cui uno - camuffati come erano di un elmo di ferro che non aveva aperture che alla bocca ed alle orecchie - dopo diverse balordaggini, ebbe un braccio spiccato fuor netto, e l'altro il ventre squarciato. Tutto questo era accolto con freddezza.
Ma una scena d'altro genere venne ben tosto a destare una dolorosa commozione.
La giornata doveva chiudersi con una pantomima di ballo e di canto di una festa di Sileno, interrotta dall'irruzione di un toro, aizzato da cani che lo cacciavano e che lasciavano il tempo così ai cori ed ai cimbalisti di mettersi in salvo per la sana vivaria e le altre uscite dell'arena. Ma avanti che si rappresentasse questa commedia, Pilato volle che la sua tragedia precedesse.
Le trombe suonarono. Il silenzio del deserto si fece profondo nella festa. Allora un araldo si alzò dietro a Pilato, ed avanzandosi, gridò: Ecco la sentenza dei cospiratori contro Cesare.
Dopo che l'araldo ebbe letto il decreto pronunziato il dì innanzi dal procuratore, questi fece un segno. Allora il vomitorio che stava al disotto del podium si aprì, e apparvero i condannati. Erano divisi in tre file, legati da corde pugno contro pugno. Quelli che dovevano esser crocifissi la sera precedevano gli altri. Erano i più vecchi, i più deboli; li conducevano soldati indigeni. Il secondo gruppo era composto dei condannati alle bestie, in semplice tunica, con un solo pugnale a difesa. Moab era alla testa di questo; dei soldati Romani marciavano dietro a loro.
| |
Memorie di Giuda
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano 1883
pagine 551 |
|
|
Galli Sileno Pilato Pilato Cesare Romani
|