La prova però di quel disgraziato non era ancora finita. Doveva scontrarsi ancora con quella terribile pantera che si diceva fosse più temibile che tutte le tigri ed i leoni già uccisi.
Ad un segno di Pilato una grata si alza, e la pantera è messa in libertà, innanzi che Menahem abbia il tempo di riaversi. Egli aveva un braccio divorato, il fianco sdrucito, ma la mano diritta intatta, le gambe sane, e ogni specie d'armi a sua disposizione. Gli schiavi non avevano spazzato fuor dell'arena i cadaveri e le carcasse dell'ultimo massacro.
Uscendo dalla sua tana, e trovandosi in mezzo a tutta quella carnificina, la pantera sembrò per un istante sorpresa. Indietreggiò, si postò al muro, o piuttosto si accosciò sotto un fremito vertiginoso che s'impadronì di tutto il suo corpo. L'istinto le rivelava la presenza di un inimico che aveva causato quell'eccidio d'individui della terribile sua razza. Non monta pel cavallo, non monta per l'uomo, ma chi aveva ucciso tutti quei leoni? Tutto quel rosso l'abbagliava o meglio l'affascinava.
Allungò il grugno non pertanto sopra una di quelle pozze di sangue e la leccò. Quella libazione cominciò a inebbriarla. Un giavellotto che la colpì sulle narici la fece balzare. Allora comprese il pericolo, e scoprì l'inimico. Menahem si avanzava. Questa volta era l'uomo che dava principio alla caccia.
Menahem conosceva le pantere, le tigri, i leopardi, gli sciacalli, come i cani ed i gatti della casa paterna. Egli passava le giornate intiere nelle solitudini del deserto, per stanare quei formidabili devastatori delle greggie di suo padre.
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Memorie di Giuda
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano 1883
pagine 551 |
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Pilato Menahem
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