- E che diremo loro per illuminarli sull'avvenire?
- Che l'avvenire è sovente nelle mani di Dio, ma che l'uomo audace glielo strappa sempre di mano; che bisogna volere, volere, e poi volere. Chi vuole può.
- Noi vogliamo tutti, disse Menahem; ma che bisogna egli fare per potere?
- Avere delle armi, saper servirsene; aver cuore, confidenza, disciplina; non stancarsi mai; non disperare nei rovesci; non inebbriarsi nei successi; credere alla propria forza, al proprio diritto; non indietreggiare davanti nessuna cosa quando si tratta di perdere l'inimico; restar uniti; guardarsi dalle carezze dello straniero, rifiutarne perfino i beneficii, perfino la giustizia, perfino l'amore; non dar mai quartiere; divenire un'idea modellata in un uomo, e fare di questa idea una ostinazione.
- Noi lo faremo, disse Menahem.
- Allora, la vittoria è certa.
- Sono troppe cose che occorrono, brontolò Bar Abbas. Ho veduto gli Spagnuoli, i Brettoni, i Galli, i Germani voler tutto ciò, e malgrado tutto ciò soccombere. I Romani non conoscono che una cosa sola.
- Quale dunque?
- Il momento. Tutto è là. Quegli uomini lì passano la lor vita a osservare la meridiana dei popoli. Varo, che era guercio, fu tagliato a pezzi. Volete schiacciare i Romani? fatevi Romani. Dacchè sono Giudeo, io non ricevo che dei calci; quando ero nelle legioni menavo botte da orbo.
- Continuate, disse il sagan a Menahem.
- Cosa farà Gerusalemme?
- Darà il segnale.
- Hum! fece Bar Abbas. Non ho mai veduto i trombettieri battersi fuorchè nelle rotte, ove ognuno se la cava come può. Preferirei che Gerusalemme facesse qui la sua parte, mentre gli altri la fanno altrove, tutti nell'istesso tempo.
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Memorie di Giuda
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano 1883
pagine 551 |
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