Era un povero taccagno quell'Attico!
Le schiave che dovevano versarci il vino, presentarci le coppe, aspergerci di foglie di rose e rinfrescarci con le penne di struzzo, erano già al loro posto. Ad un segno dell'eunuco soprintendente al banchetto uno sciame di schiave di tutti i colori, mezzo ignude, come la loro padrona, irruppero nella sala, le une portando dei vasi o dei bacini, le altre sostenendo un immenso vassoio contenente il primo servizio.
- Ho ommesso, disse Claudia, tutte le ostentazioni, i giuochi, le facezie; ho ommesso perfino i due nani che Tiberio ha fatto allevare per me entro dei tubi, e che sono ancora più piccoli di Conopa, il nano d'Augusto, che pure non era alto che due piedi e mezzo. Ti do da mangiare soltanto, non t'invito ad una festa romana. Devi aver fame, a quello che mi fu raccontato.
- Fame! Ahimè! la fame è una voluttà che Dio ha serbata alla plebe, che neppur ne lo ringrazia. Io non principio ad aver fame che al sesto giorno dopo l'ultimo mio pasto.
- È peccato che non l'abbia saputo prima, mormorò Claudia; ti avrei procurato questo piacere, facendoti godere per qualche giorno di più dell'ospitalità della torre Phasaelus.
Il primo servizio era composto d'ova, olive bianche e nere d'Atene, cotogni del Libano conditi con miele e papavero, dei sanguinacci arrosti serviti sopra un letto di prune della Siria, e pasticceti di melogranate, di lattughe, e di garum (il caviale dei nostri giorni) che si paga alla libbra quel tanto che basterebbe a mantenere una legione.
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Memorie di Giuda
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano 1883
pagine 551 |
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