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      La donna era mia madre. La schiava era Cypros, la quale in nome della sua padrona, dietro l'ultima volontà della sua padrona, deve ripetermi ogni mattino quando mi risveglio, tutte le sere quando mi corico, la parola: vendetta!
      - Principio a comprendere.
      - Aspetta. Avevo dodici anni.... Giuda, io ti faccio delle rivelazioni che mio marito stesso, egli più di tutti, ignora.
      - Perchè?
      - Che t'importa! Avevo dodici o tredici anni, ero il solo sollievo cui si consentiva lasciare a mia madre sulla sua roccia di Pantellaria. La nostra vita era triste, povera, spaventata; ogni uomo che arrivava da Roma poteva essere un assassino, o portare un veleno coll'ordine di Cesare di trangugiarlo. Il nostro sonno, una nelle braccia dell'altra, riassumeva tutti i nostri terrori, tutte le nostre felicità; noi eravamo unite; potevano separarci! A quella povera madre non restavano che le mie carezze. La mia voce le faceva tutto dimenticare. Un giorno, nondimeno, ella prese una risoluzione disperata. Ella mi disse: Domani partirai per Roma. Non la vidi più in tutta la giornata. Scrisse. Scrisse una lunga lettera a Tiberio che io doveva rimettergli. Julia gli si confessava. Ella gli rivelava il nome di mio padre già morto, le circostanze della mia nascita, e domandava grazia per me. Partii. Vidi Tiberio. Gli diedi la lettera di mia madre. Tiberio la lesse da cima a fondo senza che il suo viso tradisse la menoma emozione. Poi la gettò tranquillamente sopra un braciere che riscaldava la sua stanza. Mi guardò fisso, lungamente, e accarezzò il mio mento.


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Memorie di Giuda
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1883 pagine 551

   





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