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      Due torricelle fiancheggiavano la porta d'entrata, ma questa volta nessuna guardia vi vegliava. La casa in pietre bianche, si apriva sur un portico di marmo rosso, che si trasformava in terrazzo al dissopra. Il gran porticato a colonne di granito grigio e nero, che si addossavano interiormente su tre lati al muro esterno, mi sembrava lastricato di marmo bianco e rosso. La fontana nel mezzo della corte era in marmo bianco, circondata da un labbro di terra, coperta di fiori a varii colori. Una statua di donna genuflessa portava la coppa di porfido, dal cui centro si slanciava un filo d'acqua molto in alto e ricadeva dagli orli della coppa della vasca come un velo d'argento. Dei vasi di maiolica, con degli arbusti fioriti, coronavano le aiuole. Il giardino era uno spicchio di cedri e di aranci.
      Provai tutte le tentazioni del mondo che mi spingevano ad introdurmi di nuovo in quella dimora, coś poco conforme ai nostri costumi ed all'architettura giudea. Avevo pensato tutta la notte, tutto il giorno, lungo tutta la strada, a quella casa, alla donna che l'abitava. Avevo immaginato mille pretesti per penetrare là dentro. Arrivato alla porta, trovai tutte le mie ragioni stupide, la mia associazione d'idee assurda. Passai oltre, ma col progetto deciso, che ormai, qualunque fosse lo indirizzo dei miei viaggi a levante o a ponente, al mezzogiorno od al nord, io passerei per quella strada, dinanzi quella casa, in attesa dell'occasione.
      Dimenticavo di aggiungere, che, dall'alto del mio osservatorio, avevo veduto passeggiare all'ombra di un boschetto d'aranci, una forma bianca, la quale m'aveva tutta l'aria d'esser una donna.


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Memorie di Giuda
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1883 pagine 551