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      Lo schiavo che ne toccava il suolo diventava libero. Il malato che veniva alle sue fontane se ne tornava guarito. Antipas comperò degli schiavi e diede loro un angolo di casa nella sua città. Tutto vi abbondava: le cortigiane, i divertimenti, le derrate, il lavoro, gli dei, gli uomini d'arme, le fortune da tentare, le scienze da acquistare, la pace dell'anima, l'ebbrezza dei giuochi. Antipas, quantunque sedesse alla sinagoga, andasse al Tempio, e si ragunasse con gli altri al shema, era un Romano pel vizio, un Greco pel gusto, un Egiziano pel piacere. Egli comprendeva tutto, ammetteva tutto, e tutto amnistiava. Dava la mano a Jehovah, un sorriso a Venere, rispettava Iside, e si acconciava in buoni rapporti con tutti gli dei che si importavano nei suoi Stati.
      La mia intenzione non era di godere lungamente della vita ardente della Casa Dorata, che m'era tanto andata a genio alcuni mesi prima. Lo scopo della mia escursione era di trovare un capo popolare per la grande sollevazione che io tramava contro il dominio Romano. Il Battista mi era scoppiato fra le mani, bisognava cercarne un altro. Antipas mi aveva già parlato d'uno dei suoi sudditi, ch'egli fece invitare il giorno stesso al suo palazzo. Ma io mi fermava al progetto di ritornare sui miei passi, e d'andare a Gamala per vedervi i figli di Giuda il Golonite, di cui il più giovane, Menahem, ha già figurato fra i delegati dei partiti al consiglio rivoluzionario di Gerusalemme.
      Alle terme ove m'ero recato Bar Abbas mi raccontò confusamente di non so quali miracoli d'un rabbì che meravigliava i pescatori della costa di Cafarnaum.


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Memorie di Giuda
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1883 pagine 551

   





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