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      Allorchè principia il freddo, tutti si rifugiano in una di quelle camere laterali, chiuse da un tappeto abbassato.
      I muri erano imbiancati di calce e nudi, il suolo in calce e sabbia battuta. Una panchina che serviva di sedile il giorno, e di letto forse la notte, occupava un angolo del muro, una lampada di terra rossa, due o tre sedie di legno, un piccolo mulino da grano, una brocca di terra cotta per andare ad attingere e conservar l'acqua; ecco tutti i mobili di questa donna, che a Gerusalemme viveva come una cortigiana di Corinto, sopra i tappeti e le piume, circondata di lusso e delicatezze.
      Non scambiammo una sola parola lungo la strada. Arrivato nella sua casa, Maria, mi ricevette come se fossi stato suo fratello. Non un'allusione al passato. La mi parve sì profondamente cangiata, sì tranquilla, sì felice, che non osai risvegliare nessuna di quelle memorie che m'erano pur tanto care. Era mezzogiorno: un giorno di sabato. Maria servì una manata di civaie cotte la vigilia, un pezzo di carne fredda, del pane, e avvicinò la brocca d'acqua.
      - Io non rispetto scrupolosamente il sabato, mi diss'ella, se avessi prevista la tua visita ti avrei ricevuto meglio. Ma, se pranzi male, spero che cenerai un po' meglio.
      - Un buon pranzo, una buona cena sono due eccellenti cose, risposi, ma non sono tutto. Io sono felice di vederti.
      - Ebbene, mi vedrai ugualmente, sia che resti seduta, o che mi muova un po' per prepararti qualche cosa da metter sotto ai denti, al tramonto. Dove abiti ora?
      - Alla Casa Dorata, a Tiberiade.


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Memorie di Giuda
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1883 pagine 551

   





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