Milioni di stelle volteggiavano nell'azzurro silenzioso del firmamento. Nessuna voce umana arrivava fino a noi: le voci stesse della notte non avevano principiato le loro armonie. Maria, che aveva osservato il segno da me fatto a Bar Abbas per isbarazzarci di Giovanni, ci aveva lasciati soli. Il Rabbì ed io passeggiavamo sotto un pergolato di vite carico ancora di pampini violacei e di grappoli dorati, contemplando in silenzio il grandioso spettacolo del lago e le montagne vaporose della Galilea e della Perea, le piccole ville e i villaggi, che riposavano sulle rive dell'acqua, in mezzo ai giardini profumati.
Il Rabbì sembrava assorto. Evidentemente lo smacco del mattino, lo scandalo, i rumori, le risa, i motteggi che egli aveva suscitati nella sinagoga l'avevano colpito, anzi ferito. Egli, così grave, così positivo, era stato messo alla berlina sur un ribobolo - sfuggitogli per rispondere ad una importuna domanda - vi era stato confitto implacabilmente, e ricondotto a quella sua parola, quando se ne staccava, con una crudele ostinazione. Gli era stato mestieri svolgere una corona di non sensi come parole profetiche, ed alzare un bisticcio al grado di una promessa messianica. Io era stato edificato della sua persistenza del suo sangue freddo, della sua ostinazione, e della sua presenza di spirito. Egli che d'ordinario parlava poco, aveva lungamente dissertato; niente l'aveva scosso. La sua imperturbabilità, anche nel paradosso, m'aveva cattivato. La potenza della sua volontà, per non andare in collera, l'elasticità del suo spirito, per trovare e presentare sempre una nuova faccetta della sua prismatica assurdità, m'avevano sedotto.
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Memorie di Giuda
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano 1883
pagine 551 |
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