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      Ma io non ne ho; sopratutto non ho nessuna indelicatezza a rimproverarti.
      - Grazie, nobile dama: non avrei mai perdonato a me stesso d'essere stato così malaccorto.
      - Ti aggiungo di più, continuò Ida, se un'altra volta, il temporale, la fatica, il sole, se infine una ragione qualunque ti costringe a cercare un ricovero, non dimenticare di picchiare alla mia porta, fino a tanto che io resto qui.
      Era tutto ciò che io voleva sapere; la conclusione che io desiderava di più. La salutai e uscii, ebbro d'amore, pazzo di desiderii, avendo delle vertigini negli occhi e nel cervello.
      - Ebbene, ha ella riso? mi domandò Moab venendomi incontro.
      - Presso a poco. Non credere già che sia così facile di far ridere una donna in quello stato, come edificare il Tempio quando si posseggono le ricchezze di Salomone. Ridere! Cospetto! avrei voluto che mi avesse chiesto... Oh! lo stordito ch'io sono! Avevo portato questa bella collana, che Erodiade mi ha dato per farne un regalo alla mia amante e l'ho dimenticata. Gli è ch'ella mi ha colpito, Moab, mi ha colpito al cuore. Gliela presenterò nella prossima volta. Ho bisogno, di parlarti, Moab. Io sono pazzo per la tua padrona. L'amo...
      - Che! gridò Moab.
      - Ebbene! sì, io l'amo; l'amo tanto da morirne.
      - Tu puoi morire allora, rispose Moab, freddamente. Tu non passerai più questa soglia, o io ti uccido, o tu uccidi me.
      - Sei pazzo?
      - Ascoltami, Giuda! Ho lasciato mia moglie ed i miei figli il giorno che ho abbracciato la dottrina esseniana. Ho adottato questa nobile giovanetta di cui tu vedi lo splendore del volto, e non puoi vedere lo splendore dell'anima.


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Memorie di Giuda
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1883 pagine 551

   





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