Io non ho dimani, e ne sono felice. La notte ha tutte le voluttà di cui quelle del nulla sono le più inebbrianti. Che m'importa come ciò finirà? Il sole è coricato, ed io non aspetto l'aurora.
In quel momento lo strepito della corte richiamò Ida e Pilato alla situazione cui avevano il torto di aver dimenticata. Il tribuno di guardia al pretorio venne ad annunziare a Pilato, che il gran Consiglio gli inviava un condannato. Il procuratore uscì secondo l'uso e si assise sulla bima. Allora Osea figlio di Elah, oratore del sanhedrin, gli presentò la sentenza del Consiglio ed il prigioniero. Pilato lesse la condanna ed esclamò:
- La morte!
- Sì, rispose Osea. Noi abbiamo una legge: secondo questa legge, egli deve morire, perchè si è fatto figlio di Dio158.
- Ciò non mi riguarda, disse Pilato con impazienza. La spada di Cesare non vendica gli Dei cui Cesare non conosce.
- Ma la spada di Cesare, rispose Osea, punisce queglino che si proclamano re, là ove desso è imperatore. Ora, noi non abbiamo altro re che Tiberio. Se tu ne conosci un altro, assolvi il prigioniero159.
- Allora io voglio sapere, e scandagliare io stesso la verità. Fate passare codesto uomo nel pretorio, ond'io lo interroghi.
Pilato rientrò nella sala del giudizio ove i soldati romani introdussero il Rabbì. A quella vista, Ida gettò un grido, e si avvicinò a suo fratello; ma questi ritrovandola alla presenza di Pilato, arrossì ed indietreggiò. Ida comprese e cadde ai piedi del procuratore. In quel momento stesso apparve Claudia, e vide Ida in ginocchio, mentre Pilato si piegava per rialzarla, sfiorando delle sue guancie i capelli della fanciulla, respirando il suo alito e dicendole alcune parole di consolazione.
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Memorie di Giuda
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano 1883
pagine 551 |
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