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      - Salva almeno quest'uomo, continuai.
      - Nol posso, diss'egli disperato: queste tigri attendono la loro preda. La legge è inesorabile.
      - Ma gli uomini sanno ridersene, quando vogliono.
      - Che posso fare?
      - Chi è il centurione che incarichi dell'esecuzione?
      Pilato mi guardò fisso, poi disse:
      - Sta bene: sarà Lentulus.
      Ed uscì sul bima e lesse la sentenza che condannava Gesù a morire per la croce.
      Io uscii con Pilato, ed osservai che uno dei commissarii del sanhedrin era uno dei miei amici, Giuseppe di Ramatha. Gli dimandai:
      - Non hai tu un giardino presso il Golgotha.
      - Sì, perchè?
      - Reclama a Pilato il corpo del condannato.
      - Cosa vuoi che me ne faccia?
      - Te lo dirò, reclamalo.
      Quando Pilato ebbe letta la sentenza, ed era per rientrare nel suo palazzo, Giuseppe gli disse:
      - Questo condannato non ha parenti. Io ti chiedo il suo corpo per dargli una tomba.
      - Prendilo, rispose Pilato, e si schivò.
      I commissarii del sanhedrin consegnarono il prigioniero alle guardie romane.
      Vidi allora il Rabbì, fermo fino a quell'istante, vacillare e quasi svenire.
      Non c'era tempo da perdere. Erano quasi le due ore, ed alle sei, ora in cui principia il sabato, tutto doveva esser finito, il supplizio compiuto, i suppliziati seppelliti. Gli altri prigionieri furono tirati della prigione. Moab e Zabdi mostrarono una grande tranquillità. Bar Abbas, graziato, principiò a sgambettare nella corte, e dire e fare mille buffonerie agli Ebrei che avevano ottenuto la sua grazia.
      Furono cavate tre croci dai magazzini del pretorio, ed ogni condannato prese la sua.


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Memorie di Giuda
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1883 pagine 551

   





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