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      Inoltre, il generale Lamarmora appartiene alla scuola degli uomini politici d'Italia, i quali pensano che gli alleati sono ottimi, ma che il migliore alleato di una nazione è la nazione stessa - fare da sè. Egli non ama i volontari. Egli è poi inflessibile, corto, stecchito, dispotico - severo nella disciplina - ma giusto fin dove vede. Tutto calcolato, il generale Lamarmora sarebbe un acquisto per il terzo partito, se l'ex ed il futuro ministro della guerra consentissero ad entrare come un pezzo d'intarsio, a classificarsi in un partito qualunque. I militari guardano a lui e giurano nel suo nome. Lamarmora è amico del Ratazzi. Caldeggia l'egemonia piemontese. È ottimo amministratore - e sulla via del ministero.
      Quanto al signor Depretis, egli sarà senza dubbio uno di questi dì ministro di qualche cosa - forse dei lavori pubblici o dell'agricoltura e commercio. Il conte di Cavour lo mandò governatore a Brescia. Garibaldi lo fece prodittatore a Palermo. Il Parlamento piemontese io aveva nominato vice-presidente. Lo si sa come capace amministratore, ma, manca completamente di audacia politica. Egli ha barcamenato, louvoyè, tra Cavour, Ratazzi, Garibaldi, oggi all'uno, domani all'altro, sempre per sè - perchè egli si sente l'animo di tenere redini di governo. Ne ha egli il tatto? In Sicilia ebbe il malo istinto di caldeggiare per l'annessione, desiderata a Torino come un'audacia politica, quando l'annessione non tornava graditissima a Garibaldi ed al partito radicale, quando l'annessione poteva essere fatale all'Italia - vale a dire, quando Francesco II era ancora sul trono di Napoli e quando Garibaldi non aveva ancora guadagnato la battaglia del Volturilo: Garibaldi non divise le idee di Depretis, in opposizione con Crispi, e ne accettò la demissione che andò ad offrirgli poscia a Caserta.


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I moribondi di Palazzo Carignano
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Perelli Milano
1862 pagine 170

   





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