A Torino il generale e Depretis si ravvicinarono, forse utilmente, perchè l'uomo politico temperò la foga intempestiva del lione di Caprera.
Ora Depretis si democratizza di più in più, onde assicurarsi la simpatia di taluni membri che ilotteggiano ancora tra il centro e l'estrema sinistra. Ed è presidente delle riunioni della sinistra, cui governerebbe abilmente se la fosse governabile. Egli è uomo d'ingegno. Parla giusto, ma senza scintillìo, forte su i precedenti parlamentari, sul dritto, sulla tattica dei partiti, conoscente a fondo gli affari. Depretis è un deputato utile, un capo dubbioso ed indeciso nelle grandi battaglie. I dettagli gli oscurano la vista delle grandi linee. Uomo di analisi più che di sintesi. Egli è, come ho detto, amministratore più capace che audace, volendo la costituzione in certi limiti, non troppo radicali, l'Italia nei suoi confini naturali, una libertà ben ordinata e regolata, un'autorità forte, ma non troppo centralizzata. Egli tiensi, in una parola, due passi innanzi di Ratazzi, uno indietro a Pepoli - il quarto capo della quarta gradazione di tinta del terzo partito. Ed io vi dico capi, perchè li si credono tali, avvegnacchè io mi conosca nella Camera più di un onorevole, il quale parla dei suoi, e nondimeno io non mi abbia mai veduto ombra di questi suoi. Poerio per esempio!
Il marchese Gioachino Pepoli fece la sua apparizione nel mondo politico con un buon libro sulle finanze del Governo pontificio - un colpo di fulmine che gittò la dirotta e lo scompiglio nella consorteria del cardinale Antonelli.
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