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      Lo si trattò di utopista. Nondimeno egli non volle unirsi a Montanelli ed a Guerrazzi. Dette la sua demissione di gonfaloniere di Firenze, e declinò qualunque partecipazione al governo democratico. Ma fece parte della commissione governativa, la quale si formò poco dopo per richiamare il Granduca.
      Ricasoli richiamava il principe: il principe tornò con gli Austriaci. Il fiero barone rimanda allora al Granduca la sua decorazione e va a seppellirsi nel suo castello di Brolio. Poi, come Leopoldo II sotto il pretesto di prosciugar le Maremme prosciugava le tasche dei suoi sudditi, il castellano di Brolio, volendo dargli una lezione, compra un distacco di questi stagni, si reca in Inghilterra, ove incetta delle macchine possenti, torna in Italia, si conduce sul sito con i suoi contadini, brava le spese e la febbre, e quei terreni sono fertilizzati,
      Gli avvenimenti del 1859 arrivano.
      Il partito dei moderati aveva redatto un libercolo, che era una dichiarazione di guerra alla casa di Lorena - l'Austria e la Toscana - ma non osava pubblicarlo. Si voleva, tutto al più, avventurare, un indirizzo e domandare delle riforme. Ricasoli respinge con disdegno questo mezzo termine. Aggiunge il suo nome a quello degli autori, ed il manifesto viene a luce. Il Granduca, sfidato, accetta il cartello e sollecita l'ajuto del suo esercito in frattanto che arrivassero i Tedeschi. L'esercito toscano fraternizza col popolo. Leopoldo II, ricordandosi la storia del 1848, sale in sedia da posta. Il popolo lo lascia partire, schierandosi in due ale, lungo la via, sul suo passaggio, e dicendogli addio, di un'aria beffarda.


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I moribondi di Palazzo Carignano
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Perelli Milano
1862 pagine 170

   





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