Finzi restò dieciotto mesi in una muda a venticinque piedi al di sotto del livello del lago di Garda a Peschiera. Egli deve al suo silenzio implacabile se non fu appiccato come i suoi complici. Garibaldi lo nominò direttore della cassa per il milione di fucili. Aggiungo a costoro il napoletano Giuseppe del Re, elegante scrittore, anch'esso della Perseveranza, ed in quei principii, poeta, dalle cose politiche più alieno che caldo, scettico e beffardo.
Tra gl'indipendenti nominerò un altro avvocato milanese, di cui la Camera apprezza sempre l'autorità della parola, il signor Mosca. Questi è un puro tipo milanese - cavillatore, onesto, democratico e conservatore nel tempo stesso, intelligentissimo quando trattasi d'interessi materiali, poco curante degl'interessi politici, un po' ruvido, un po' brusco, un po' pesante, ma dotto, ed ostinato come un mulo nelle sue opinioni, cui difende con abbondanza e con logica stretta. Aggiungo a questa categoria il signor Costa Antonio di Genova, spirito positivo e luminoso, sopra tutto in materie di finanze; il signor Pica, che per dieci anni trascinò le catene di forzato politico nei bagni di Napoli e che disgraziatamente troppo carezza, per vezzo di popolarità municipale, l'autonomia napoletana; il signor Giuseppe Romano, ardente di ben fare; il signor Mandoi-Albanese; il marchese Ricci, che fu ambasciatore a Parigi e ministro con Ratazzi all'epoca della seconda riscossa che così infelicemente soggiacque a Novara; il signor Levi, razionalista, autore di Giordano Bruno ed i liberi pensatori italiani, dell'Unità cattolica e l'Unità moderna, e di molti altri opuscoli politici e filosofici, collaboratore di Ausonio Franchi; il signor Ranieri, che spesso dorme ma vota sempre bene, autore anch'esso di opere storiche rimarchevoli e rimarcate, carattere debole ed anima indipendente, florido di velleità più che di volontà. Io potrei citare ancora molti altri nomi, che sotto ogni rapporto meriterebbero fissare l'attenzione: aggiungerò solamente il signor Varese, autore di una bella storia di Genova e di parecchi romanzi, cuore freddo, dicitura purissima e lambiccata, intelligenza elevata; il signor Menighetti, redattore della Nazione di Firenze, uno dei capi del partito democratico della Toscana, oggi ragionevolmente moderato, scrittore elegante e non senza lena; il signor Toscanelli, ex-officiale di artiglieria a Venezia, capo del partito del movimento, giovane ardente e fantastico, molto competente in cose agricole, che pubblicava, non ha guari, un delizioso, spiritoso ed interessante libro sulle cose e classi agricole della Toscana; il signor Castagnola, spirito positivo e colto; il signor Michelini, il decano dei deputati italiani, parlatore intrepido innanzi ai rumori ed innanzi agli sbadigli, che sempre provoca, dotto economista, spirito difficile, costantemente nell'opposizione per gusto, per carattere, per tendenza di mente più che per cuore; il barone Bianchi, avvegnacchè propenda più dal lato del terzo partito che dal nostro; il signor Saracco, oggi segretario generale ai lavori pubblici, uno dei tre, con Mellana e Brofferio, che dopo quattordici anni siedono sempre all'opposizione, avvegnacchè i loro amici fossero passati e ripassati al potere; e Sebastiano Tecchio - il distinto veneziano che è vice-presidente della Camera, oratore e scrittore pieno di forza e di grazia, pensatore all'altezza di tutte le quistioni parlamentari, dirigendo le discussioni della Camera con una destrezza ed una capacità a niun altro secondo.
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