La sua tinta biliosa denuncia le sue forti passioni; il suo sguardo fisso e magnetico domina e fa paura. Voi conoscete la parte immensa che ha rappresentata Bertani in tutta l'epopea garibaldina. Egli fu all'altezza di questa parte; ha viste larghe e lontane - avvegnachè meno radicali, che le si potriano per avventura supporre. Parla bene, mira giusto, colpisce a morte, non perde mai la staffa nè il contegno. Asperge di acido solforico, e par gittare foglie di rose ed acqua lustrale! Fu Bertani che tirò dalle viscere d'Italia quell'esercito meridionale che si mostrò, conquise due regni, e disparve come un fantasma - armata fantastica, armata da poema! È Bertani che la prepara di nuovo con i Comitati di Provvedimento, e la creerà di nuovo, se occorre, e quando occorre. Volontà fulminante che nulla ritiene, nulla sgomenta. Bertani è il solo il quale abbia potuto affascinar Garibaldi, spingerlo avanti - o ritenerlo. Egli ha la fibra di Saint-Just. È, politicamente, ciò che Sirtori è militarmente.
Il general Sirtori è una di quelle fisonomie di Alberto Durer che esprimono il mistero e portano il suggello della fatalità. Sirtori parla poco, e mai per non dir nulla. Ride di raro. Non conosce alcuno dei piaceri della vita e della giovinezza, Fu prete. La rivoluzione e l'Italia lo rapirono alla chiesa, È adesso generale e capo di stato maggiore. Dovunque il cannone tuona per la patria, Sirtori si trova alle prime file: in Lombardia, nel 1848, a Venezia nel 1849, dal 1859 con Garibaldi.
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