Infine il dotto ed officioso Minervini.
Lo più indeciso di tutti però, senza avvedetene, mi sembra essere Ricciardi. Il mio vicino Ricciardi sì crede unitario, ed è napoletano; si crede repubblicano, ed in verità io non so proprio cosa sia. Egli è tutto, pour le quart d'heure, e ciò che è strano, lo è con convincimento e con coscienza. Dominato dalla malattia della vanità, egli ha fatto dei versi che sono della prosa, della prosa ripiena di buona volontà, correntemente, in veste da camera, per parlar di sè sotto il pretesto di parlar di non importa che. Se lo si dovesse giudicar su i suoi scritti, Ricciardi avrebbe inventata la Italia. Egli ha presentati finora quattro progetti di legge, cui il Parlamento non ebbe la serietà di prender sul serio.
Ricciardi ha la sventura di rallegrare la Camera, quantunque egli dica spessissimo delle cose giuste, vere ed assai bene esposte. Non ha lunga lena di parole, di idee, di mente. Un pizzichetto di qualche cosa, e passa. Però questo pizzichetto lascia un segno. Egli ha fatto giuramento di vedere ogni giorno il suo nome nel conto reso delle sedute - non fosse che per avere fatto rimarcare che nel processo verbale si era omessa una virgolo. Se lo si lasciasse fare, Ricciardi ci servirebbe un codice di sette articoli - come i sette sacramenti. Egli ha l'epidermide enciclopedico. Del resto, molto intelligente, perfetto galantuomo, convinto, coscienzioso, onesto, simpatico a tutti, non mancando nè di a proposito, nè di dignità. Ha dei travers, non pas des defauts.
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