Ora mi allontanavo, lasciando la puzsta con l'ansia di chi abbandona l'amato focolare e si immerge nell'infinito sconosciuto. Il sole rosso tramontava, e circondava di un'aureola d'oro la prospettiva lontana. Il cielo grigio brillava di pagliuzze lucenti, come un velo ricamato a liste dorate. Una pianura interminabile, cielo e terra, senza ondulazioni, s'allargava, fuggiva a me dinanzi, nascondendosi poco a poco sotto l'invasione delle tenebre che si avanzavano dall'Oriente. La Tisza, dalle rive piatte, dalla corrente azzurra e sonnacchiosa, scorreva maestosamente verso il giallo Danubio, che serpeggia come un boa, e la beve, per rigettarla ben tosto nei fiotti irrequieti del mar Nero. Pił lungi, molto rari, alcuni bianchi villaggi dai dorati campanili bizantini, che si prenderebbero per greggie in riposo, chiazzavano il suolo giallastro; e di tanto in tanto, un campo di tabacco dalle larghe foglie, delle canne acquatiche, dei girasoli dal cuore nericcio, dei boschetti a foglie verdi pallide, tremolanti sotto il venticello appena svegliato della sera. Poi, qua e lą, delle specie di grue dall'aria sinistra, che si rizzavano come neri patiboli, e servono ad attignere l'acqua dal fondo dei pozzi ai margini invisibili.... Poi ancora dei gruppi di ragazze colle braccia ed i piedi nudi, dalla pelle bruna, colle gonne rialzate, le treccie ondeggianti, belle e tranquille, che salutavano con un sorriso, di cui il viaggiatore conserva la memoria. Dalla parte d'Occidente, ove la luce era pił viva, vedevo alzarsi lentamente da terra, come dei fiocchi di cotone, la nebbia bianca - quella lanuggine omicida dei paludi, che s'apposta come in agguato nella pianura, e uccide chi la respira.
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