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      Quando io lo vidi al suo quartier generale di Pozsony, risentii come un subito colpo al cuore. Arturo Görgey era militare. Aveva fatto gli studii all'Accademia militare di Tuhn nell'Austria, poi aveva passato cinque anni nella guardia nobile ungherese. Nominato luogotenente in un reggimento di ussari, non avendo i mezzi di avanzare rapidamente, stanco della vita di guarnigione, diede la sua dimissione, e si ritirò a Praga per studiarvi la chimica. Là, aveva domandato in isposa una ricca e nobile ereditiera, e non avendola ottenuta, sposò la sua istitutrice, una francese. Il suo carattere traspariva di già: ambizione, invidia, rancore, orgoglio, vendetta! Görgey dissimulava poco la feccia del suo cuore, quando poteva farlo senza inconveniente; e così forse vendicavasi della natura che, nella composizione della sua persona, metteva in guardia gli osservatori. Grande, svelto, sottile, agile, il suo corpo di dandy finiva con una testa di donna, piccola e non bella. Aveva capelli castani, rari, tagliati corti, nell'intenzione di dare più spazio e più lume alla sua fronte scura. I suoi occhi grigi, instabili, irritabili, non avevano quella dietro-cortina degli ipocriti, che copre nell'abisso della pupilla l'abisso dell'anima. Egli li velava con occhiali d'oro, che offuscavano ciò che v'era di petulante in quel viso. Un par di mustacchi magri e sottili, faceva spiccare il pallore ceruleo e l'avida sottigliezza delle labbra, sempre corrucciate, se un sorriso beffardo cessava d'incresparle.


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Le notti degli emigrati a Londra
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1872 pagine 346

   





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