Egli non lo fuggiva, il pericolo, ma non lo cercava neppure, come avremo occasione di vedere. Non risparmiava le fatiche alle sue truppe, ma le divideva, e dormiva con esse sulla neve con un freddo di 18 gradi sotto il zero Réaumur, senza pranzo dopo un'assenza di asciolvere, e restando senza cena, dopo non aver pranzato. Con lui, si riposava d'un combattimento con una marcia, e d'una marcia con una battaglia. Severissimo nella disciplina, ingiusto soltanto verso i suoi nemici e verso quelli di cui era geloso, che invidiava o temeva. Pieno di ingegno, non sapeva mai riconoscere l'ingegno degli altri, sempre disposto ad impiccolire il merito che l'offuscava, senza generositŕ insomma, senza nobiltŕ di animo. I soldati lo amavano: essi non scorgevano che la persona; gli ufficiali, eccetto i suoi fidi, lo detestavano, e diffidavano di lui: gli leggevano nel cuore. Görgey disprezzava tutto quanto non fosse militare. Considerava il civile come un intruso, un intrigante, un imbecille. Kossuth, che l'avea creato, cadeva sul suo cuore abbietto come una goccia d'acido solforico, che brucia senza posa e senza pietŕ. Görgey sapeva eseguire con molta abilitŕ i piani altrui, ma era incapace di concepirne uno egli stesso. Il suo spirito mancava d'iniziativa, egli non possedeva la bussola dell'indefinito. Dopo una vittoria, non sapeva piů che farne. La pletora del successo pesava sopra di lui, e lo rendeva inetto, come l'eccesso dell'amore uccide l'amore. Tutte le sue passioni occulte insorgevano allora, ed egli si consumava nel nasconderle o nel coprirle sotto una forma onesta, se l'esplosione gli preparava un ostacolo.
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Réaumur Görgey
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