E noi incalzammo i fuggiaschi, la spada alle reni, per quattro giorni. Nevicava, ventava. Nessuna strada. Attraverso burroni, montagne, torrenti profondi come fiumi, i terreni sfondati e rappresi soltanto alla superficie come per tenderci un agguato, i bagagli in ritardo. Il pane, sempre un problema; senza tabacco.... e mai un lagno! Che voluttà quel far la guerra per un'idea, quando si ha fede in un capo dotato di tutte le grandezze morali! Ci fermammo il 21 davanti Nagy-Szeben, città circondata da un muro di cinta continuato, munita di pezzi da posizione, irta di bastite, di trinceramenti avanzati, difesa da 11,000 uomini, molte guardie nazionali, e 54 cannoni. Bem non aveva sotto i suoi ordini che 4,500 fantaccini e 450 cavalieri, che marciavano da quattro giorni, e 18 bocche da fuoco di piccolo calibro.
- -Generale, devo comandare l'assalto? gli domandai.
- Per bacco!
- Non volete dunque attendere i 1,700 uomini che deve condurci Czetz?
- Mettiamoci a tavola, li attenderemo mangiando.
Egli lanciò la legione tedesca e i Siculi. Respinti. Li lanciò ancora. Respinti di nuovo. Li lanciò per la terza volta. Indietreggiarono.
- Avanti gli ussari, gridò Bem, mettendosi alla lor testa egli stesso.
Una grandine di mitraglia ci rovesciò.
- Czetz è arrivato, generale.
- Avanti tutti, allora.
Gli Austriaci escono in massa, con quattro batterie alla testa. L'ala sinistra ed il centro sono sfondati, i nostri fuggono. Puchner insegue. Bem resta indietro con uno squadrone degli ussari di Mathias ed una batteria, ch'egli punta in persona.
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