Un fremito straordinario côlse il nostro esercito. Bem si slanciò in avanti per prendere la testa dell'avanguardia, ma per un indietreggiare delle file anteriori, il suo cavallo s'impennò, e cavallo e cavaliere caddero rovesciati. Mi precipitavo in suo soccorso, quando un lungo grido dietro di noi mi annunziò un altro pericolo. Guardai: il battaglione del principe Nyraczi era intieramente ravvolto in un turbine di Cosacchi, come un giallo d'uovo nella sua albumina. In mezzo ai volontarii, o piuttosto alla loro testa, si trovava Amelia.
La scôrsi da lontano, al crepuscolo della notte che sorgeva dal piano, vestita da amazzone, fieramente rizzata sugli arcioni, sciabolare i Russi. Ella aveva perduto il suo kalpak di velluto celeste guarnito di cigno, col pennacchietto di perle, ed il suo dolman violetto agramentato d'oro ed argento. Le treccie disciolte dei capelli ondeggiavano sulle sue spalle. La sua sciabola brillava d'un corruscamento fosco e rossastro, sotto i colpi che dava o parava. La si sarebbe detta l'angelo scaduto dell'Ungheria che lanciava i suoi ultimi raggi avanti di eclissarsi. Non una parola le usciva di bocca. Il lavoro terribile che compieva, l'assorbiva. Ma i Cosacchi, alle prese con una giovine donna, bella di una bellezza più splendida di tutte le loro madonne bizantine, gettavano degli urli grotteschi, feroci, lascivi, pieni di desiderii, di paura e di ammirazione nell'istesso tempo. I volontarii ungheresi ruggivano alla loro volta, scagliandosi sui Cosacchi per respingerli, o cadendo sotto i ferri dei loro cavalli.
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