L'acarus dell'Impero ha divorato l'Austria. Il signor di Bismarck ha estratto, ferro et igne, il germe della dissoluzione, che il terribile Côrso aveva infuso nel vecchio sangue di Absburgo. L'Impero di Austria non esiste più che come un titolo. Francesco Giuseppe non ha altra corona reale e potente che quella di S. Stefano. Il Tirolo è un imbarazzo, la Boemia una minaccia, l'arciducato d'Austria un pericolo.
S'ha a conchiudere da tutto ciò che l'Austria dovrebbe abbandonare in balía della corrente queste parti del suo dominio? Certo che no.
Noi crediamo che l'integrità dell'Austria, con qualche utile rettificazione delle sue frontiere, sia una salvaguardia della pace europea. Soltanto essa deve modificare la costituzione di queste parti dell'Impero e cangiare la loro natura di provincia in quella di Stato. Forse, in questa trasformazione, l'autorità centrale perderà la metà della sua energia, ma essa acquisterà per certo la totalità del suo rispetto, la sicurezza di durare e continuare, la sua base di azione, la potenza del suo effetto ed un elemento di similitudine. Il Tirolo e l'arciducato non sono finalmente che un'appendice, la Gallizia un deposito. La casa d'Ausburgo deve essere preparata a perderli, in un dato giorno, ma con un compenso - il giuoco della casa di Savoia.
La base della nuova Austria è l'Ungheria. L'Ungheria sviluppata nei suoi confini naturali, vale a dire dal Pruth e dai Balkani all'Adriatico, da Presburgo al Mar Nero, determina la nuova missione dell'Austria e la sua feconda grandezza.
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