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      Lo sguardo del Re d'Ungheria si spinge in avanti, là dove sorge il sole. La sua corsa è parallela a quella dello Czar di Moscovia: egli mira alla stessa meta; la sua attività aspira ai medesimi resultati. Essi devono aiutarsi a vicenda, se è possibile, ma non intraprender nulla l'uno contro l'altro. Nondimeno, il pericolo dell'Europa sarebbe nell'accordo di questo Czar e di questo Re. Ma ecco appunto perchè è necessario di lasciare che la Germania si costituisca senza crearle ostacoli, di aiutare la Polonia ad interporsi fra questi tre, e di consolidare l'alleanza della Francia coll'Italia sul cadavere del papato temporale, o di compiere la loro rottura, mediante l'alleanza sana, definitiva, politica, dell'Alemagna protestante e dell'Italia scettica. Ciò è ancora nel potere dell'imperatore Napoleone, se si decide ad escire risolutamente una volta dalla tutela dell'infausta sua consorte ultramontana e dall'influenza del gineceo cattolico. La sua attitudine indeterminata attuale lo rimpicciolisce: essa getta l'Italia nelle braccia della Prussia, la Prussia nelle braccia della Russia, e compromette la vita nuova dell'Italia.
      Circoscrivere il mostruoso ingrandimento della Russia, ecco il compito dell'Ungheria nel mondo moderno, come nei secoli passati essa pose un argine all'invasione della Turchia nell'Occidente. Ma si deve altresì fissare, senza gelosia, senza grettezze, senza puerili timori, dove questo ingrandimento cessa di essere naturale e necessario, dove comincia ad essere mostruoso.


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Le notti degli emigrati a Londra
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1872 pagine 346

   





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