L'educazione, che ella ci diede, fu dunque conseguente a questo programma.
Non parlo dell'istruzione. Fu quella che gentiluomini ben educati dovevano avere, e potevano ricevere nelle Università tedesche e completare viaggiando. Rammento soltanto che, a quindici anni, noi eravamo maestri consumati nel maneggio d'ogni sorta d'armi; che potevamo dormire a cielo scoperto tutta una notte, succintamente vestiti, con venti gradi di freddo; che potevamo restare, senza alcun incomodo, tre giorni a digiuno; che potevamo ricevere qualche colpo di knut senza muover palpebra; che nessun lavoro materiale penoso ci ripugnava; che conoscevamo la geografia del Caucaso, dell'Oremburgo e della Siberia, e diversi dialetti di quelle contrade, come si conosce la propria casa e la propria lingua. Ci eravamo dunque famigliarizzati con tutte le cose impreviste. Eravamo preparati alla nostra parte. Ma questa parte non doveva essere la medesima per ambedue.
Il conte Andrea Zamoyski era stato l'amico di mio padre. Il marchese Alessandro Vielopolski-Myszkowski era parente di mia madre. Questi due personaggi, due incarnazioni della Polonia contemporanea, influirono in diversa maniera sul mio spirito e su quello di mio fratello, e decisero del nostro doppio destino. Io restai Polacco per opera della Polonia stessa, come il conte Andrea Zamoyski; Casimiro divenne Polacco per opera della Russia, come il marchese Wielopolski.
- La nobiltà polacca, diceva il marchese, preferirà certo meglio di camminare coi Russi alla testa della civiltà slava, giovane, vigorosa e piena d'avvenire, che di trascinarsi, imbarazzata, disprezzata, odiata, ingiuriata, in coda alla civiltà decrepita, brogliona e prosuntuosa delle nazioni occidentali.
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