Io non ricorderò che questo solo fatto. Un giorno, con un decreto, di sua propria mano, Niccolò scrisse la sentenza, cui nulla aveva provocato, della deportazione al Caucaso di quarantacinquemila famiglie polacche, di cui il Governo diffidava!
Alessandro II aveva detto tutto. La sfida era corsa. Le anime agghiadate si risvegliarono, i cuori arditi si prepararono.
Ma ciò non era tutto ancora.
L'eco dell'unità italiana compiuta risonava nella nostra vecchia coscienza nazionale, gualcita. Lo Czar scelse Varsavia per incontrarsi col re di Prussia e l'imperatore d'Austria, affin d'intendersi ed avvisare insieme sulla situazione dell'Europa. Egli portava una nuova sfida: una sfida alla Polonia, l'incarnazione sanguinosa delle nazioni vittime; una sfida all'Europa occidentale, che si diceva favorevole alla politica delle nazionalità inaugurata dalla Francia. La lezione di Wilna, ove nessuna dama accettò l'invito al ballo che il generale Nazimof dava al suo padrone ed ai cinque principi tedeschi che l'accompagnavano, questo avvertimento severo non rischiarò punto lo Czar. Egli si recò a Varsavia coi suoi due condivisori della Polonia. Varsavia restò deserta, fredda, silenziosa come una steppa.
- Gli è l'imperatore d'Austria, dissero i cortigiani russi, che è la causa di questo agghiacciato ricevimento.
- Gli è lo Czar che vale all'imperatore Francesco Giuseppe questo freddo accoglimento! dissero i giornali ufficiali di Vienna.
Lo Czar partì da Varsavia, con l'anima ulcerata ed umiliata.
Varsavia trasalì sotto l'ingiuria di codesto sinistro ritrovo.
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