Il principe era sincero. La sera, la polizia della città fu confidata agli studenti; i Russi furono consegnati nelle loro caserme; un indirizzo all'Imperatore, sottoscritto dall'arcivescovo, dal gran rabbino, dai marescialli della nobiltà, circolò. Si chiedeva "una chiesa, una legislazione, una istruzione pubblica, una organizzazione sociale, colle stigmate del genio nazionale e delle tradizioni storiche".
La Polonia, che il Governo russo credeva di aver uccisa, si levava di un tratto, ritta, vivente, e dava i brividi all'Europa, i cui rimorsi per averla abbandonata sembravano addormentati. Si sparse allora un avvertimento: "In ogni parte della Polonia, diceva questo avviso, s'indosserà il lutto per un tempo indeterminato.... La corona di spine, ecco il nostro emblema da un secolo! Questa corona ornava jeri i cataletti dei nostri padri.... Essa significa: pazienza nel dolore, sacrifizio, liberazione, e perdono!"
La calma si ristabilì. Ciò aumentò lo stupore e lo spavento dei Russi. Cosa nascondeva quel silenzio?
- Tutta la città vi obbedisce, disse il principe Gortschakoff al conte Zamoyski. Ciò non può durare. Ho delle truppe, adesso; io non vi temo punto.
- Noi siamo pronti a ricevere le vostra palle, rispose il conte.
- No, no, gridò il principe di Gortschakoff(15): ci batteremo.
- Giammai! Noi non ci batteremo punto, riprese il conte Zamoyski. Ci assassinerete, se lo volete.
- Se avete bisogno d'armi, ve ne darò io, disse il principe fuori di sè.
- Noi non le adopreremo, dichiarò il conte Andrea.
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