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      - L'altro per mio figlio, diss'ella alzandosi: Dio onnipotente non mi strapperebbe più questo.
      Non posso descrivervi il terrore, che s'impadronì di noi. Chiamare i carcerieri era un tradire mia madre. Lasciar compiere il suicidio di quella donna era un assassinio. Tentare di strapparle la capsula fatale, le cui pareti avevano lo spessore di una pellicola di cipolla, era forse affrettare la catastrofe. Aggiungere al martirio di Zoliwski lo spettacolo della morte di sua madre era un'esecrabile atrocità. Le preghiere, le ragioni, le minaccie, le promesse non servirono a nulla. La madre supplicò che la si lasciasse morire nelle braccia del figlio. La disperazione tranquilla di quei due infelici era irresistibile. L'eloquenza del figlio avrebbe intenerito lo Czar Niccolò. Io non sapeva più che dire. Io non trovava più una sola ragione seria. - Mia madre tremava come una foglia, ma era intenerita. La madre di Zoliwski si gettò di nuovo ai suoi piedi, e pianse, supplicò.... Mia madre cedette. Volse il capo, nascose il suo viso nel mio seno, allungò la mano, abbandonò la capsula, e compì l'omicidio. La madre di Zoliwski gettò un grido di gioia selvaggia, baciò la mano di mia madre, e si precipitò sul suo figlio.
      Si fece silenzio. I nostri cuori non battevano più. I nostri petti non respiravano. Tutto ad un tratto l'abaino della segreta si rischiarò. Udimmo dei passi nel corritoio, poi il rumore dei fucili, poi lo stridere delle chiavi. L'ispettore delle prigioni entrò. L'ora del colloquio era scorsa, egli veniva per far escire le due signore.


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Le notti degli emigrati a Londra
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1872 pagine 346

   





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