Che io vegliassi o dormissi, io era assente. Non principiai ad aver coscienza di me stesso se non quando, dopo aver traversato Minsk, Smolensk, Mosca, i tre cavalli della kibitka si lanciarono in contrade, ove io non aveva ancora viaggiato, e che perdevano, di tappa in tappa, la fisionomia europea. Le strade erano detestabili, perchč la via ferrata le faceva negligere. Vladimir, che traversammo in mezzo alla nebbia dell'alba, mi parve desolata. Nijni-Novogorod aveva l'aspetto di una decorazione d'opera. Sospesa quasi a picco sul Volga, essa si aggruppa sopra un'altura ove alcuni precipizii, uniti da ponti, limitano i quartieri della cittą. La cittą nuova č sulla riva diritta di questo fiume, che mette in comunicazione il Baltico col Caspio, l'aorta della Russia, ove la sua vita commerciale palpita pił vivamente. Battelli a vapore, bastimenti a vela, barche d'ogni sorta s'incrociavano, venendo dal nord o dall'est, o recandovisi. Questa cittą acquista uno strano aspetto, dicono, al tempo della fiera, poichč vi si vedono allora tutti i campioni delle razze e semi-razze dell'Europa e dell'Asia, dal Parigino fino ai Kirghisi, ai Persiani, ai Turchi, agli Armeni, ai Georgiani, ai Calmucchi, agli Indł, ai Turcomani, ai Russi, ai Cosacchi, ai Tartari... Vi ci fermammo il tempo di cangiare i cavalli, prendere un pasto e fare alcune provvisioni, poichč i miei gendarmi avevano veduto che io non mi adattava gran fatto al pan saraceno ed alla zuppa di cavoli condita con olio rancido, soli alimenti che potevano offrirmi nelle tappe successive.
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