- Comprendo, mormorò il capitano. Non vi occorre dirmi altro; l'uovo che s'incaparbia a schiacciare il martello!
- Capitano, sapete voi che cosa è la patria?
- Io so ciò che è lo Czar. Ma, non importa, credo comprendervi. Quando mi ricordo il villaggio ove son nato, ove ho passata l'infanzia, ove ho lasciato il mio vecchio padre, ove ho visto morire mia madre.... che il diavolo mi porti! io non mi sento mica a mio modo.
- Ecco la patria, sclamai io. Ora supponete che, invece dello Czar, fosse l'imperatore di Austria od il Sultano che imperasse al vostro villaggio, come vostro padrone... e conchiudete.
Il capitano non fiatò più, e mi fece segno di andare a lavorare. Quel bruto mi sembrò sconcertato.
L'inverno fu aspro, ed io ne sentii tutto il rigore, lavorando quasi sempre all'aria aperta. Ma non ne fui incomodato. Ero ben coperto. Mi davo un nutrimento sostanziale. Il capitano, per una ragione o per un'altra, trovava sempre un pretesto di destinarmi ad un'altra occupazione, anzichè a quella assai penosa di issare la gerla a minerale. Io impiegavo la mia settimana di vacanza a costruirmi una baracca per me solo, ed il legno non mi costava che la pena di andarlo a tagliare sulla montagna e trascinarlo.... E sempre facendo sembiante di assestarmi definitivamente e di rassegnarmi alla mia sorte, io prendeva delle misure per svignarmela.
L'evasione non presentava alcun ostacolo invincibile: non avevo che a seguire il corso della Schilka ed abbordare la thalweg dell'Amour, ove comincia la frontiera cinese - la Mandchuria.
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