Formai i miei piani; tirai le mie linee. Rimisi la realizzazione del mio progetto al mese di marzo, quando il paese è ancora gelato, ma l'intensità del freddo è diminuita, e quando i giorni sono più lunghi. Raccoglievo infrattanto delle informazioni sui posti dei Cosacchi che guardavano i confini, sulla protezione che potevo promettermi dalle Autorità cinesi. Conoscevo già da lungo tempo la topografia del paese, che avevo a percorrere per recarmi, sia a Pekino, sia nella Corea, sia alle sponde del mare del Giappone. Insomma, io mi abituavo a considerare la mia deportazione in Siberia come una partita di piacere, un'occasione singolare per accoccare una beffa allo Czar, quando una circostanza venne a tagliar corto alle mie visioni.
Un giorno, verso la fine di febbraio 1864, il signor Astatchef, il concessionario delle miniere, arrivò.
E' veniva da Omsk, da Irkutsk, da Nertscinsk(23). Mi aveva rimarcato, quando io uscii dall'anticamera del generale Duhamel. Aveva appreso la scena, che aveva determinata la mia destinazione a Nertscinsk(24), ed udito con interesse le raccomandazioni dei miei compatriotti. Egli aveva interrogato il generale, che si era mostrato afflitto della severità con cui mi avevano colpito e che egli non avea osato distornare. Il signor Astatchef aveva preso il mio nome, il mio numero di registro a Omsk, poi il numero dei registri a Yrkutsk ed a Nertscinsk(25). A Ukbul aveva dimandato delle informazioni sul mio conto al direttore e al capitano. Non so che rapporti raccogliesse.
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