Il fatto sta che mi fece chiamare.
- Signore - mi disse egli, guardandomi con attenzione, - percorrendo il registro della miniera, ho osservato che siete stato parecchie settimane malato. Il capitano mi ha informato che è stato mestieri, e lo è ancora, risparmiarvi per non farvi soccombere. Ora, io ho l'abitudine di tirare dagli uomini che pago il più grande profitto che posso. L'uomo non sviluppa tutta la sua potenza che quando è nella linea delle sue capacità. Egli è evidente che non è nel romper massi e nell'avvolgere una corda che voi mi rendete il vostro meglio.
Le parole erano sensate e dure; ma egli aveva il sorriso sulle labbra, la benevolenza nella voce. Che rispondere?
- Non sono io, dissi, che ho domandato questo genere di lavoro. Ho fatto ciò che ho potuto. Non mi lamento. Non ho dimandato di essere risparmiato. Ora io sono il n. 367; usatene come vi aggrada.
- Calmatevi, signore, calmatevi, riprese Astatchef, non sorridendo più. I vostri compatriotti ad Omsk e la signora Duhamel ella stessa vi hanno raccomandato a me. Ho promesso raddolcire la vostra sventura; vogliate rendermi questo còmpito facile. La vita non è tollerabile che quando la si accetta tale quale è, lavorando sempre a migliorarla. Voi vi rammentate troppo.
- Ma....
- Calmatevi, vi ripeto. Voi dovete avere altre attitudini. La vostra missione nel mondo non era di esser minatore. Non vi hanno appreso solamente a tirar moschettate contro i Russi. Io non biasimo le moschettate. Mio padre ne tirò mica male contro i Francesi, i quali vennero a fare appo noi presso a poco quello che noi facciamo contro di voi.
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