Che promessa avevo io fatta!
Il deportato in Siberia non si può ammogliare che nella classe la più infima e la meno rispettabile della società. Se egli vuole contrarre altri legami, il concubinaggio, per esempio, egli è libero. Ma, se vuole sposare una giovinetta di condizione elevata, o anche nella posizione di Cesara, e' bisogna dimandare ed ottenere il permesso dello Czar. In un modo e nell'altro però, i suoi figli restano egualmente servi della Corona. Se egli è amnistiato, i suoi figliuoli non possono accompagnarlo: e' sono esclusi dall'amnistia, e non cessano di esser servi.
L'ukase dell'emancipazione ha migliorato un po' le condizioni di questi miserabili.
Potevo io dunque tenere la mia promessa?
D'accordo unanime, Cesara ed io, aggiornammo la nostra unione, la quale non poteva essere benedetta che sur una terra libera. Infrattanto, accelerammo i preparativi della fuga.
Essendo ad Yrkutsk, e non volendo esporre Cesara alle avventure di ogni sorta di una traversata del deserto, inevitabile per recarsi a Pekino, io aveva risoluto che avremmo provato di arrivare al mare di Okhotsk, sul Pacifico, costeggiando i contrafforti del Baikal e dei Sablonoi, e che avremmo cercato imbarcarci sur un naviglio europeo.
Questo itinerario, gremito altresì di pericoli, lungo, irto di difficoltà, era un atto di disperazione. Nondimeno, noi andavamo a tentare Dio.
L'ordine della partenza per Yakutsk si abbattè sulle nostre speranze, e le stritolò.
Cosa fare? Scrissi la dimanda allo Czar per isposar Cesara, e la portai al generale Jukowski.
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